La prima sezione della Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 13 anni di reclusione ciascuna per due donne che, il 21 dicembre 2015, nel carcere di Potenza, tentarono di strangolare con un laccio di nylon un'assistente capo della Polizia penitenziaria. Le due donne erano state condannate in primo grado e la sentenza era stata confermata in appello, nel novembre scorso. Il tentativo di omicidio fu messo in atto quando l'assistente si trovò "sola in servizio nel reparto femminile". La donna riuscì prima a mettere una mano fra il laccio e il collo, poi a reagire con più forza, fino a richiamare l'intervento di altri agenti penitenziari. Il legale dell'assistente capo, Savino Murro, parte civile nel processo, si è detto "soddisfatto", sottolineando che "solo per la pronta reazione della vittima, l'aggressione non è sfociata nell'intento omicidiario". Murro, inoltre, si è detto "fiducioso che il Ministero della giustizia riconosca i diritti dell'assistente capo per le gravissime conseguenze subite nell'espletamento del delicato lavoro nell'istituto penitenziario di Potenza".
Tentarono di strangolare agente in carcere: la Cassazione conferma condanna
La prima sezione della Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 13 anni di reclusione ciascuna per due donne che, il 21 dicembre 2015, nel carcere di Potenza, tentarono di strangolare con un laccio di nylon un'assistente capo della Polizia penitenziaria. Le due donne erano state condannate in primo grado e la sentenza era stata confermata in appello, nel novembre scorso. Il tentativo di omicidio fu messo in atto quando l'assistente si trovò "sola in servizio nel reparto femminile". La donna riuscì prima a mettere una mano fra il laccio e il collo, poi a reagire con più forza, fino a richiamare l'intervento di altri agenti penitenziari. Il legale dell'assistente capo, Savino Murro, parte civile nel processo, si è detto "soddisfatto", sottolineando che "solo per la pronta reazione della vittima, l'aggressione non è sfociata nell'intento omicidiario". Murro, inoltre, si è detto "fiducioso che il Ministero della giustizia riconosca i diritti dell'assistente capo per le gravissime conseguenze subite nell'espletamento del delicato lavoro nell'istituto penitenziario di Potenza".
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